martedì 14 maggio 2019

Dagli «Annali» scritti dal sac. GIUSEPPE CAPOEDICI (1749-1828) alle pp. 149 a 161.

Nella foto la lapide posta un tempo nel luogo della sua sepoltura in san Domenico e ora visibile nella chiesa di san Tommaso Apostolo in Ortigia.

Seconda parte
Ma Iddio, che per alti suoi giudizi non volle celato il nome illustre di Andrea Xueres, fece che non molto tempo dopo la di lui morte, cioe nell’anno 1478, una donna ritrovandosi il Giovedì Santo presente alle sacre funzioni nella chiesa delli suddetti Padri Domenicani, ed orando per una sua figlia che seco condotta avea, d’anni circa dieci, perché da bambina priva dell'uso della loquela, la fanciulla suddetta avendo una gran sete pregava la madre con segni a darle da bere e non potendo più sostenerla, importuna la figliola, penso di contentarla ed uscita fuori di quella porta che in quel tempo era vicino l’altar maggiore, prese un vaso d'acqua e la fanciulla dissetatasi, se ne ritornava alla di lei madre quando ecco vide uscire dell'accennata sepoltura de’ Padri un uomo vestito dell’abito domenicano, fermo la ragazza e facendole con la man destra il segno della santa croce nella bocca, invocato prima il nome della Santissima Trinità, all’istante la mutola donzella parlo.
A un tal miracolo esclama ad alta voce la madre una con la figlia e piene ambedue di gioia fecero a tutti noto il miracolo ed occorrendo subito un gran popolo trovo la fanciulla un tempo mutola che parlava felicemente innanzi a tutti che la conoscevano, abbracciando per l’allegrezza la madre, raccontandole distintamente lo che accaduto l’era, le di lui parole e segni non fecero questo dubitare d’essere stato il Beato Andrea Xueres l’autore di un tal fatto onde ne resero grazie al Signore.
Molto che allora e nel decorso del tempo che al Xueres ricorrevano, ottenevano delle innumerabili grazie e sparsa la fama del Miracolo e ricevute le veridiche testimonianze pensarono il Vescovo di Citta Monsignor Dalmazio Gabriele, il Senato, il Capitolo e la Nobiltà tutta in unione del Governatore della Camera Reginale di metterlo loco depositi. In fatti, aperta la sepoltura, lo trovarono sollevato, spirando soavissimo odore e lo situarono in un sepolcro di pietra o, come vogliono alcuni, di marmo nel muro della stessa sagrestia vecchia e tre palmi circa distante dalla sua sepoltura, e per restare ben custodite le di lui Reliquie, vi si fece una grata di ferro con la seguente iscrizione scritta in marmo lunga palmi quattro ed once tre e larga palmo uno ed once quattro con li caratteri che qui leggonsi:
HIC TOT SARCOPHAGUS LAUDES NON ACCIPIT UNUS, 
NEC PATRIS ANDREÆ POTIS EST MENS PROMERE FUNUS. 
ECCE DEI SERVUS HUMILIS, LEX REGULA MORUM, 
NORMA SACERDOTII, FRATRUM LUX PREDICATORUM. 
VIRGINEO CELEBRIS PARTU, NOX ANNA SANCTO 
ILLA SIRACCUSIOS SPOLIAVIT NUMINE TANTO. 
TER DENIS, QUATUOR, BIS SEPTINCESIMUS ANNUS 
ADDIVERAT QUO CŒLESTIS REGNAVERAT AGNUS.


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