domenica 19 maggio 2019

Da «Vite manoscritte dei Santi Siciliani dei secoli XVI e XVII», composte dal R.P. OTTAVIO GAETANI (1566-1620), che si conservano nella biblioteca nazionale di Palermo con la seguente signatura: II. E. 13 fol. 287»

Prima riproduzione dell'immagine del Beato Andrea Xueres con alle spalle la Chiesa di San Domenico e sotto lo stemma dell'Ordine dei Predicatori.

Terza parte
È quasi incredibile immaginare quanta fiducia abbia goduto il nostro Beato per la sua fama di santità e come questa, in seguito a siffatto prodigio, si sia aumentata tra il popolo e i nobili: poiché a Lui ricorsero nelle calamità, Lui invocarono nelle infermità e dopo aver ottenuto una qualche grazia la comunicarono alle famiglie e ne visitarono il sepolcro. 

Per questa ragione, moltissimi del popolo, affetti da svariate malattie, scendevano nel di lui antico sepolcro e ne risalivano completamente guariti.

Mi narrava il P. Antonio Corsetto O.P., vecchio domenicano di grandissima autorità, che mentre era sagrestano, venivano a trovarlo moltissime donne coi loro figlioli in braccio affetti da quella malattia per la quale moltissime morivano e contro la quale alcun medico sapeva e poteva trovare rimedio; questa poiché impedisce il respiro e tormenta i fianchi e la testa, viene volgarmente chiamata cefalite; siffatte donne, dunque, lo pregavano di poter loro permettere di discendere nel sepolcro del beato Andrea e, avutone da lui il permesso, dopo aver prima pregato dinanzi alle Venerate Reliquie del beato chiuse nel sarcofago di marmo, discendevano poi nell’antico sepolcro ove queste prima si conservavano e, trattenutesi un po’ in preghiera, ne risalivano coi loro bimbi del tutto risanati; questa abitudine devota si conserva fino ad oggi. E Dio, mosso dalle preghiere di un tale uomo, concede moltissime grazie.
Sono passati pochi anni da quando un certo Simone che fa il tappezziere ed è uno dei più bravi della sua arte qui a Siracusa, avendo avuto da sua moglie un figliolo tormentato ora da grave febbre, non avendo costui potuto ricevere alcun soccorso dall’arte medica, si rivolge al beato Andrea, a tal uopo ne viene a trovare il sepolcro, portando sulle braccia il figlio quasi moribondo, prega con insistenza il sagrestano perché gli permetta di deporlo per poco tempo in questo sepolcro e, fattolo, immediatamente il fanciullo, contro le attese di tutti, cominciò a star meglio in un modo tale che il padre poté farlo tornare a casa, alla moglie, completamente guarito.
Tutto ciò riferiva, dietro mia domanda, il P. F. Antonio Corsetto O.P. da me più sopra ricordato, il quale dichiarava di avere appreso queste notizie in parte dal Sagrestano in parte dai più vecchi del convento e specialmente da fra’ Vincenzo Incatassato O.P., dal P. F. Francesco Santafè O.P., da fra’ Niccolò Fusco O.P. converso dello stesso convento, uomini tutti di gran fede e pietà.

Inoltre molti altri attestano ancora queste cose, dei quali non è necessario farne ricordo.
Lode a Dio e alla Beata Vergine Maria.



sabato 18 maggio 2019

Da «Vite manoscritte dei Santi Siciliani dei secoli XVI e XVII», composte dal R.P. OTTAVIO GAETANI (1566-1620), che si conservano nella biblioteca nazionale di Palermo con la seguente signatura: II. E. 13 fol. 287»

Nella foto la Chiesa di San Filippo Apostolo ove riposano le reliquie del Beato Andrea Xueres

Seconda parte
Piacque finalmente al Sommo Iddio, in premio di così grandi fatiche spese per la salute del prossimo, accordargli l’eterno premio per cui, resosi infermo, più presto che altri nol temesse, rendeva al Creatore la sua bell’anima nello stesso giorno 25 Dicembre in cui Gesù in terra ed egli nasceva in Cielo.
I padri, pertanto, di quel convento, di comune accordo, stabilirono di seppellirlo subito, temendo troppa affluenza di popolo devoto in riverire il di lui cadavere, così grande era la sua opinione di santità appresso di tutti; per la qual cosa, affinché s’ignorasse perfino il luogo della sua sepoltura, non senza molte lacrime, lo deposero nel sepolcro comune, scavato nel suolo nel mezzo dell’antica sagrestia.
Ma l’Ottimo Iddio non permise che per lungo tempo rimanesse oscuro lo splendore di Andrea; perciò, non molto tempo dopo il suo transito in Cielo, volle che risplendesse quale ardente candelabro nella sua Chiesa; infatti in un Giovedì Santo, mentre una certa donna fra le altre, era venuta nella chiesa di san Domenico per assistere alle sacre funzioni conducendo con sé una figlioletta di dieci anni, fin dalla sua prima infanzia quasi del tutto priva della parola con incredibile dolore dei genitori, ecco che con segni insistenti questa chiede da bere alla madre la quale, non potendo tollerare l’insistenza della fanciulla, le permette finalmente di andare in sagrestia la cui porta in quel tempo situata vicino all’altare maggiore era aperta a tutti: vi andò subito la bambina e avendovi trovato un vaso pieno d’acqua, ne bevve e ripostolo se ne ritornava alla madre, quando ecco vede uscire dalla sepoltura un frate domenicano, la fanciulla si ferma e questo allora, segnatale la bocca col segno della croce ed invocata la Santissima Trinità, le restituisce completamente l’uso della parola che prima di allora mai aveva goduto; la fanciulla fino ad allora muta ora grida e chiama allegramente più volte la mamma che, mossa dalla novità della cosa, accorre di fretta e trova la bimba, muta fino a poco prima che ora, con gran stupore di tutti, parla liberamente.
Alla madre che, per la gioia, la bacia e ribacia, risponde la fanciulla raccontando per filo e per segno l’accaduto onde alle parole e ai segni riferiti nessuno dubita che l’autore di un così grande prodigio è il beato Andrea. 

Per la qual cosa tutti i presenti, dopo avere ringraziato secondo il costume Iddio e il beato Andrea, non si stancavano mai di interrogare la fanciulla e conoscere così tutti i particolari del prodigio. Pervenuta alle orecchie dei cittadini la fama di tale prodigio, il Senato Siracusano, con l’assenso del Vescovo, volle trar fuori le sacre spoglie del Beato dalla sepoltura comune, per farli situare in un sepolcro di marmo, murato nella parete di detta sagrestia alto quattro piedi dal suolo e portante incisi i seguenti versi leonini a perpetua memoria di tale uomo.

OGNI ELOGIO SINCERO ED OGNI MERTO CI POTREBBE RIDIRE UN MARMO SOLO? 

NÉ LO FAREBBE ANDREA CHE IGNOTA VUOLE E LA SUA MORTE E I FUNERALI E IL DUOLO. 
ECCOCI DEL SIGNOR L’UMILE SERVO GIUSTA REGOLA D’OGNI COSTUME, 
DEL SACERDOZIO SANTO ONORE E MERTO, DI DOMENICO AI FIGLI E SCORTA E LUME.
DI UN TALE SANTO PRIVÒ LA NOSTRA SIRACUSA LA SANTA NOTTE DEL VERGINEO PARTO 
DELL’ANNO CHE REGNÒ L’AGNEL DIVINO QUADRIGENTO MILLEN, TRIGENO E QUARTO.


venerdì 17 maggio 2019

Da «Vite manoscritte dei Santi Siciliani dei secoli XVI e XVII», composte dal R.P. OTTAVIO GAETANI (1566-1620), che si conservano nella biblioteca nazionale di Palermo con la seguente signatura: II. E. 13 fol. 287»

Nella foto le reliquie del Beato Andrea Xueres poste nel paliotto sotto l'altare maggiore di San Filippo Apostolo

Prima parte
Fra quelli dell’ordine domenicano, che in questa nostra isola si resero illustri per santità e integrità di vita, non potrà ritenersi fra gli ultimi Andrea, Sacerdote siracusano, come colui il quale in vita ed in morte, (il che si vedrà nello sviluppo di questa istoria) apprestò sempre di sé esempio nobilissimo di pietà e di Santità; sin da fanciullo (sperando i suoi genitori moltissimo nella di lui pietà e somma eloquenza), per loro consiglio, si versò nelle lettere ed in breve fece tali progressi, che superò di gran lunga i suoi condiscepoli, nella continua pratica dei quali, aborrì sempre ogni licenza e predilesse quelli che gli sembrarono forniti di onesti costumi, sia frequentando i templi, sia assistendo alle sacre concioni, sia conversando coi religiosi e specialmente coi figli di San Domenico, talmente rimase infiammato dalle sante parole di questi ultimi, che finalmente chiese di essere ascritto nel loro numero, cosa che facilmente ottenne perché fornito di costumi illibati e di singolare ingegno. 

Così è, che ascritto nello stesso ordine domenicano, ben presto superò tutti i suoi coetanei, sia nello studio, sia nelle lettere e quel che più importa, nell’integrità della vita per cui si rese a tutti accetto e caro.

Ordinato poi sacerdote, decise di adempire a tutti i doveri del Sacerdozio; era così grande la soavità dei suoi costumi e la bramosia di procurare la salvezza del prossimo e specialmente di ascoltare le confessioni, che sparsasene la fama per tutta Siracusa, era quasi incredibile il numero di persone d’ogni ceto e condizione che a lui convenivano ed erano ricevute con carità e rimandate contente per gli opportuni rimedi apportati ad ogni peccato.
Né è da credersi che per tutta questa affluenza di persone, per la quale per altro si accresceva di giorno in giorno, venisse in lui meno la pazienza, che anzi riuscì a disimpegnare questo suo dovere così bene, come nessun altro mai, e benché occupato da gravi e continue fatiche, giammai alcun fu rimandato non soddisfatto; tuttavia fra le altre sue virtù era così pieno di umiltà, che per questa ed eccellentissima non fu mai a nessuno secondo ove gli rimanesse alcun che di riposo, mostravasi assiduo in digiuni, vigilie ed orazioni e non era pago solamente di quelle prescritte dagli statuti del suo ordine, ma previo il permesso dei suoi direttori, altre ed altre ancora se ne imponeva. 

Era a tutti nota la purità del di lui animo, che esso conservava intatta sin dai suoi primi anni e che gli si leggeva in volto. Ad eccezione di coloro coi quali usava con vera dimestichezza, soleva conservare in pubblico un contegno serio e grave.


giovedì 16 maggio 2019

Dagli «Annali» scritti dal sac. GIUSEPPE CAPOEDICI (1749-1828) alle pp. 149 a 161.

Nella foto la statua della Madonna del Rosario che si trova nella Chiesa di San Filippo Apostolo

Quarta parte
Tutta la detta spesa la fece il pubblico di Siracusa per cui se ne andava cercando la limosina un Fratello di detto Convento, nominato Fr. Raimondo di San Filippo. 

Seguì questa seconda Traslazione il Primo Dicembre, XII Indizione 1613, nella Prima Domenica dell’Avvento, nel Pontificato IX di Paolo V, regnando Filippo d’Austria, Re di Spagna e di Sicilia nell’anno III del suo Regno ed in detto giorno di tutto ciò se ne fece un atto pubblico in notar Giacomo Maso Siracusano, come asservato sulla Conservatoria dei Notaj difonti di detto anno 1613 a foglio 398 e nel volume dei miei Miscellanei.

Tutto ciò io l’ho ricavato da’ Manoscritti del P. Ottavio Gaetani Gesuita Siracusano che conservavansi nella Biblioteca degli Studi del Collegio di Palermo d’altri antichi manoscrtitti del Convento de’ Domenicani di questa Citta, del Rocco Pirro, Mancheruso ed altri. 

La detta Arca poi, con l’andar del tempo, fu disfatta e spostata dall’accennata nuova Sagristia e la cassettina delle Reliquie si conservò dietro il Tabernacolo dell’altare Maggiore sino al 1794 che fecero il nuovo frontone di legname e d’indi in poi sta riposta dentro un cassone della detta Sagrestia nuova. 
La iscrizione sepolcrale, incisa in pietra, appostavi allora dal Vescovo e Senato nella Prima Traslazione si conserva presso di me, sac. D. Giuseppe Capodieci, Scrittore di questi Annali che la trovai in un casaleno di questa città derelitto in atto di ridursi in pezzi d’alcuni Maestri muratori.

Si legga ancora Michele Pio de Vivis Mustr. Domin. Par. I lib. 3 f. 465 La detta incisione fu poi da me donata al detto Convento e apposta dietro lo Cappellone sul muro in faccia la sepoltura con le ossa del Xueres. 

Nel 1613, Prima domenica di Dicembre e dell’Avvento i Religiosi del Convento lo trasportarono in un sepolcro di marmo nel muro della parte sinistra della Sagristia vicino l’antico claustro come per atto in Notar Giacomo Maso sotto l’istesso giorno ed anno. 
Poi si conservò dietro l’altare maggiore sino al 1794 in cui si fece il nuovo frontone di legname ed indi in poi si conservo in un Cassone della Sagrestia.

La iscrizione marmorea sepolcrale sopracennata appostavi nella prima Traslazione del 1478 fu da me ritrovata nel 1788 in un casaleno della Città e nel 1801 ne feci un dono al Convento e si piantò a mie spese nel muro in Cornu Evangelii dietro lo Cappellone vicino l’antica sepoltura ov’era prima, indi poi nel 1806 il fratello Converso Fr. Angelo da Castelvetrano prese dal cassone la cassetta delle Reliquie e la colloca sopra la detta iscrizione con una grata di legname ove oggi ritrovasi.

mercoledì 15 maggio 2019

Dagli «Annali» scritti dal sac. GIUSEPPE CAPOEDICI (1749-1828) alle pp. 149 a 161.

Riproduzione dell'immagine del Beato Andrea Xueres di come poteva trovarsi dipinta sul coperchio dell'arca.

Terza Parte
Quei fedeli che al Xueres ricorrevano, ottenevano delle innumerabili grazie, scendendo con le scale nel di lui antico sepolcro che fu lasciato libero senza più seppellirvi altri cadaveri e ne uscivano con prodigi come lo attestano tanti venerandi Padri per santità e dottrina rispettabili come sono il P. Antonino Corsetto, l’Abate d. Costantino Benedittino, d. Francesco Platamone, Signore del Priolo, il P. Francesco Santafe, fr. Niccolo Tusco e tanti altri ecclesiastici o secolari. Oggi la detta sepoltura ven detta la Sepoltura di San Vincenzo Ferreri, dal volgo creduta scioccamente del detto santo. I fanciulli che patiscono del male infido nel calare che fanno nella detta Sepoltura subito ne ricevono la grazia e situata dov’era anticamente cioè oggi dietro l’altare maggiore in cornu Evangelii.
Racchiuse le Reliquie del Xueres nel nuovo sepolcro di marmo, custodite da due ferri in forma di grata, questa o per la lunghezza del tempo, o per opera del demonio o per divozione de’ fedeli si trovavano più volte rotte ed aperte e tolte via alcune ossa e reliquie del detto P. Andrea, che poi furono secretamente perché mossi da coscienza, restituite, motivo per cui il sepolcro suddetto fu lasciato senza li detti ferri e sopra il tumolo vi stava continuamente un drappo di velluto che lo copriva e sopra il coperchio del tumolo eravi dipinto il detto Beato Andrea con un libro aperto a man destra dove leggevasi «Discite a me quia mitis sum et humilis corde» e nella sinistra un giglio. Dimostrava il suo ritratto d’essere stato di mediocre statura, macilento e grave e mortificato, barba e capelli neri, gl'occhi concavi e molto estenuati.
A vista di tutto quanto ho divisato del detto Sepolcro il Rev. P. Fr. Giovanni Battista Cappello de Noto Baccelliere o sia Licenziato e Priore del detto Convento vedendo la divozione e concorso del Popolo Siracusano verso il detto P. Andrea che di giorno in giorno accrescevasi, offerendogli de’ voti, pensò per divina ispirazione di trasportare il corpo o sia le ossa o reliquie del detto B. Andrea in altro luogo più decente e onorato; che perciò con il consenso di tutti i Padri del Convento convocati a suono di campana e i seguenti Padri cioe P. Vincenzo Sinopoli, Economo e Procuratore del detto Convento, P. Giuseppe Galleco, Maestro de’ Novizj, Fr. Pasquale di Sortino, Fr. Raffaele Ardito di Siracusa Baccelliere, Fr. Michele di Catania Sacrista Maggiore e Fr. Lucio Bonajuto di Siracusa Sacerdoti Fr. Antonino Mazzone di Noto, Suddiacono, Fr. Francesco Salafia di Siracusa, Fr. Placido di Lentini, Fr. Lodovico di Siracusa, Fr. Girolamo di Messina e Fr. Agostino di Catania Novizj Professi, Fr. Raimondo di San Filippo, Fr. Reginaldo di Noto, Fr. Luciano di Noto, Fr. Tommaso di Noto, Fr Giacinto di Siracusa e Fr. Vincenzo di Catania, Fratelli Conversi tutti nemine discrepante risolsero come seguì, di trasportare le Reliquie del P. Andrea dalla detta arca marmorea in cui giacea in una cassetta di legno foderata di velluto rosso e serrata con tre chiavi la posero in un’altra cassa di legno nuova più decente, dorata, singolare e bellissima e la collocarono nel muro della parte sinistra della nuova sacristia vicino l'antico claustro di detto convento per ivi perpetuamente custodirsi, il qual luogo è oggi Sagristia e anticamente se ne servivano per farsi il Capitolo Provinciale.

martedì 14 maggio 2019

Dagli «Annali» scritti dal sac. GIUSEPPE CAPOEDICI (1749-1828) alle pp. 149 a 161.

Nella foto la lapide posta un tempo nel luogo della sua sepoltura in san Domenico e ora visibile nella chiesa di san Tommaso Apostolo in Ortigia.

Seconda parte
Ma Iddio, che per alti suoi giudizi non volle celato il nome illustre di Andrea Xueres, fece che non molto tempo dopo la di lui morte, cioe nell’anno 1478, una donna ritrovandosi il Giovedì Santo presente alle sacre funzioni nella chiesa delli suddetti Padri Domenicani, ed orando per una sua figlia che seco condotta avea, d’anni circa dieci, perché da bambina priva dell'uso della loquela, la fanciulla suddetta avendo una gran sete pregava la madre con segni a darle da bere e non potendo più sostenerla, importuna la figliola, penso di contentarla ed uscita fuori di quella porta che in quel tempo era vicino l’altar maggiore, prese un vaso d'acqua e la fanciulla dissetatasi, se ne ritornava alla di lei madre quando ecco vide uscire dell'accennata sepoltura de’ Padri un uomo vestito dell’abito domenicano, fermo la ragazza e facendole con la man destra il segno della santa croce nella bocca, invocato prima il nome della Santissima Trinità, all’istante la mutola donzella parlo.
A un tal miracolo esclama ad alta voce la madre una con la figlia e piene ambedue di gioia fecero a tutti noto il miracolo ed occorrendo subito un gran popolo trovo la fanciulla un tempo mutola che parlava felicemente innanzi a tutti che la conoscevano, abbracciando per l’allegrezza la madre, raccontandole distintamente lo che accaduto l’era, le di lui parole e segni non fecero questo dubitare d’essere stato il Beato Andrea Xueres l’autore di un tal fatto onde ne resero grazie al Signore.
Molto che allora e nel decorso del tempo che al Xueres ricorrevano, ottenevano delle innumerabili grazie e sparsa la fama del Miracolo e ricevute le veridiche testimonianze pensarono il Vescovo di Citta Monsignor Dalmazio Gabriele, il Senato, il Capitolo e la Nobiltà tutta in unione del Governatore della Camera Reginale di metterlo loco depositi. In fatti, aperta la sepoltura, lo trovarono sollevato, spirando soavissimo odore e lo situarono in un sepolcro di pietra o, come vogliono alcuni, di marmo nel muro della stessa sagrestia vecchia e tre palmi circa distante dalla sua sepoltura, e per restare ben custodite le di lui Reliquie, vi si fece una grata di ferro con la seguente iscrizione scritta in marmo lunga palmi quattro ed once tre e larga palmo uno ed once quattro con li caratteri che qui leggonsi:
HIC TOT SARCOPHAGUS LAUDES NON ACCIPIT UNUS, 
NEC PATRIS ANDREÆ POTIS EST MENS PROMERE FUNUS. 
ECCE DEI SERVUS HUMILIS, LEX REGULA MORUM, 
NORMA SACERDOTII, FRATRUM LUX PREDICATORUM. 
VIRGINEO CELEBRIS PARTU, NOX ANNA SANCTO 
ILLA SIRACCUSIOS SPOLIAVIT NUMINE TANTO. 
TER DENIS, QUATUOR, BIS SEPTINCESIMUS ANNUS 
ADDIVERAT QUO CŒLESTIS REGNAVERAT AGNUS.


lunedì 13 maggio 2019

Dagli «Annali» scritti dal sac. GIUSEPPE CAPOEDICI (1749-1828) alle pp. 149 a 161.

Nella foto le reliquie del Beato Andrea Xueres nel paliotto sotto l'altare maggiore della Chiesa di San Filippo Apostolo

Prima parte
Continui erano i digiuni, le vigilie, le orazioni ed ascettismi nell’osservanza delle leggi e degli istituti della sua Religione. Sin da fanciullo conservo la purità d’animo e di corpo e nel mirarlo accendea ed invitava tutti alla castità. Fu chiamato d’alcuni Xuares e creduto nativo in Malta ed educato in Siracusa ma ciò senza alcun fondamento.
Il Governatore della Camera Reginale di Siracusa e la Nobiltà tutta l’ebbero per i suoi ottimi costumi molto a cuore. Tutto il giorno ricorrevano a lui per ricevere buoni consigli; infatti fu da questo Senato a nome della Citta tutta per alcuni bisogni mandato per Ambasciatore alla Regina Maria che governava questa Camera dalla quale venne benignamente accolto ed ottenne quanto desiderava anzi fu dalla medesima regalato d’una nave carica di legname che l’applico parte per un dormitorio di questo Convento che al presente esiste e mezzo al Convento di Santa Maria La Grotta della Città Vecchia di Malta onde tanto questo Convento de’ Padri Domenicani quanto quello di Malta hanno gli stessi Dormitorj su lo stesso modello.
Piacque finalmente al Signore in premio delle tante fatiche per la salute de’ prossimi operate chiamare il Xueres all’eterno riposo poiché sorpreso da una malattia fra pochi giorni finì di vivere al di 25 Dicembre dell’anno 1434. I Padri che dimoravano nel Convento pensarono prestamente di seppellirlo, temendo che la moltitudine della Gente avrebbe apportato grande confusione e sconcerto nello strappargli le vesti di addosso per quella fama di santità che di Andrea erasi sparsa, onde lo racchiusero nella comune sepoltura de' Padri a fine d’ignorarsi con l’andar del tempo il luogo dove erasi quel sacro corpo riposto nel confondersi con gli altri cadaveri e fu appunto la sepoltura quella stessa ch'era dentro la Sagristia vecchia prima di rifabbricarsi la chiesa ed oggi dentro lo Cappellone della nuova chiesa dietro l’altare Maggiore in cornu Evangelii.