sabato 18 maggio 2019

Da «Vite manoscritte dei Santi Siciliani dei secoli XVI e XVII», composte dal R.P. OTTAVIO GAETANI (1566-1620), che si conservano nella biblioteca nazionale di Palermo con la seguente signatura: II. E. 13 fol. 287»

Nella foto la Chiesa di San Filippo Apostolo ove riposano le reliquie del Beato Andrea Xueres

Seconda parte
Piacque finalmente al Sommo Iddio, in premio di così grandi fatiche spese per la salute del prossimo, accordargli l’eterno premio per cui, resosi infermo, più presto che altri nol temesse, rendeva al Creatore la sua bell’anima nello stesso giorno 25 Dicembre in cui Gesù in terra ed egli nasceva in Cielo.
I padri, pertanto, di quel convento, di comune accordo, stabilirono di seppellirlo subito, temendo troppa affluenza di popolo devoto in riverire il di lui cadavere, così grande era la sua opinione di santità appresso di tutti; per la qual cosa, affinché s’ignorasse perfino il luogo della sua sepoltura, non senza molte lacrime, lo deposero nel sepolcro comune, scavato nel suolo nel mezzo dell’antica sagrestia.
Ma l’Ottimo Iddio non permise che per lungo tempo rimanesse oscuro lo splendore di Andrea; perciò, non molto tempo dopo il suo transito in Cielo, volle che risplendesse quale ardente candelabro nella sua Chiesa; infatti in un Giovedì Santo, mentre una certa donna fra le altre, era venuta nella chiesa di san Domenico per assistere alle sacre funzioni conducendo con sé una figlioletta di dieci anni, fin dalla sua prima infanzia quasi del tutto priva della parola con incredibile dolore dei genitori, ecco che con segni insistenti questa chiede da bere alla madre la quale, non potendo tollerare l’insistenza della fanciulla, le permette finalmente di andare in sagrestia la cui porta in quel tempo situata vicino all’altare maggiore era aperta a tutti: vi andò subito la bambina e avendovi trovato un vaso pieno d’acqua, ne bevve e ripostolo se ne ritornava alla madre, quando ecco vede uscire dalla sepoltura un frate domenicano, la fanciulla si ferma e questo allora, segnatale la bocca col segno della croce ed invocata la Santissima Trinità, le restituisce completamente l’uso della parola che prima di allora mai aveva goduto; la fanciulla fino ad allora muta ora grida e chiama allegramente più volte la mamma che, mossa dalla novità della cosa, accorre di fretta e trova la bimba, muta fino a poco prima che ora, con gran stupore di tutti, parla liberamente.
Alla madre che, per la gioia, la bacia e ribacia, risponde la fanciulla raccontando per filo e per segno l’accaduto onde alle parole e ai segni riferiti nessuno dubita che l’autore di un così grande prodigio è il beato Andrea. 

Per la qual cosa tutti i presenti, dopo avere ringraziato secondo il costume Iddio e il beato Andrea, non si stancavano mai di interrogare la fanciulla e conoscere così tutti i particolari del prodigio. Pervenuta alle orecchie dei cittadini la fama di tale prodigio, il Senato Siracusano, con l’assenso del Vescovo, volle trar fuori le sacre spoglie del Beato dalla sepoltura comune, per farli situare in un sepolcro di marmo, murato nella parete di detta sagrestia alto quattro piedi dal suolo e portante incisi i seguenti versi leonini a perpetua memoria di tale uomo.

OGNI ELOGIO SINCERO ED OGNI MERTO CI POTREBBE RIDIRE UN MARMO SOLO? 

NÉ LO FAREBBE ANDREA CHE IGNOTA VUOLE E LA SUA MORTE E I FUNERALI E IL DUOLO. 
ECCOCI DEL SIGNOR L’UMILE SERVO GIUSTA REGOLA D’OGNI COSTUME, 
DEL SACERDOZIO SANTO ONORE E MERTO, DI DOMENICO AI FIGLI E SCORTA E LUME.
DI UN TALE SANTO PRIVÒ LA NOSTRA SIRACUSA LA SANTA NOTTE DEL VERGINEO PARTO 
DELL’ANNO CHE REGNÒ L’AGNEL DIVINO QUADRIGENTO MILLEN, TRIGENO E QUARTO.


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